Alle 17 in punto di giovedì la Signora Amelia (nome di fantasia) è entrata nel mio studio, si è seduta davanti a me e ha illuminato la stanza con un sorriso compiaciuto. Ha 86 anni la Signora Amelia e tutti i giovedì, puntuale come un tè londinese, viene a farmi visita, col pretesto di una lampadina fulminata nelle scale o del cane che abbaia nel piano di sopra, per raccontarmi la sua vita, per parlarmi dei suoi nipotini che non vede mai perché sua nuora gliene nega la compagnia, per confessare i suoi pensieri più nascosti, per descrivere la solitudine delle sue giornate davanti alla TV. Io non devo fare nulla, solo ascoltarla in silenzio, talvolta ammiccando o interloquendo con monosillabi di complicità (“Ah! Oh! Beh …”). Dopo mezz’ora guarda l’orologio, «Si è fatto tardi!» e se ne va, serena e soddisfatta. Ogni volta vorrebbe pagarmi il disturbo, ma io rifiuto con decisione; quella volta che ha preteso di lasciare sul tavolo
cinquanta euro, ho telefonato a suo figlio, il quale è venuto, si è ripreso i cinquanta euro e se n’è andato scuotendo la testa. Avrei voluto parlargli della sofferenza di sua madre, del suo bisogno di vicinanza e di affetto, ma non l’ho fatto: sono certo che non avrebbe capito.
Eventuale Fonte o Autorità del provvedimento
(esempio: Cass. n….. del ……
Trib. di…. sentenza n….. del…..)
A cura di:
DR. ALFREDO CROVETTO
COMPONENTE
CENTRO STUDI NAZIONALE AP
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