Il mutamento della consistenza delle unità immobiliari che compongono il condominio e la conseguente alterazione del valore proporzionale fra le stesse, in forza del quale vengono ripartite le spese ai sensi degli artt. 1118 comma I c.c. e 1123 e ss. c.c., non è necessariamente correlato a una modificazione materiale dello stabile, potendosi anche conseguenza di mutamenti di destinazione che diano luogo a nuove realtà abitative. Compete perciò al giudice del merito stabilire, di volta in volta, se il mutamento delle condizioni
dei luoghi o le opere realizzate siano tali da implicare la revisione di detti valori e il suo giudizio sul punto si concreta in un accertamento di puro fatto, non censurabile in Cassazione.
La vicenda riveste particolare interesse poiché affronta il tema del mutamento delle unità individuali sotto il profilo qualitativo e funzionale, valutandone l’incidenza sull’assetto degli obblighi di contribuzione sussistenti fra i condomini, affrontando il controverso tema del mutamento di destinazione che non comporti anche interventi materiali di ampliamento o modificazione. Il ricorso al giudice di legittimità muove censure a decisione della Corte di secondo grado bolognese che aveva confermato un provvedimento del Tribunale dello stesso capoluogo, con il quale era stata ritenuta rilevante ai fini della revisione delle tabelle la modifica apportata da taluni condomini alle proprie proprietà solitarie, l’uno con la trasformazione in unità abitabili di un seminterrato e l’altro di un solaio.
Ad avviso dei giudici di merito tali mutamenti comportavano necessariamente la revisione delle tabelle assembleari in vigore nel condominio dal 1972, poiché la trasformazione dei solai grezzi in vani abitabili e di locali sotterranei in appartamenti aveva portato il numero delle unità immobiliari comprese nell’edificio da sei ad otto (trattandosi di causa in cui si applica l’art. 69 disp.att. c.c. nella formulazione antecedente alla L. 220/2012, rimane demandato al giudice l’apprezzamento della rilevanza notevole della alterazione, in luogo del parametro del quinto), posto che le nuove unità create hanno funzione e destinazione del tutto diversa da quelle originarie.
Sotto il profilo dei mutamenti fisici, la Corte bolognese ha ritenuto significativa e rilevante l’installazione di elementi radianti collegati all’impianto centralizzato per un condomino, mentre per l’altro la nuova consistenza catastale di autonomi vani in numero di 5,5.
la Suprema Corte condivide l’interpretazione del giudice bolognese, laddove ha ritenuto notevolmente ed evidentemente mutate l’estensione della superficie e la cubatura reale delle singole unità: tale lettura risulta conforme ad orientamento consolidato di legittimità (Cass. n. 9579/1991,; Cass. Sez. U, n. 6222/1997; Cass. n. 7300/2010,), secondo il quale le tabelle millesimali dell’edificio in condominio possono essere rivedute e modificate (anche nell’interesse di un solo condomino) ai sensi dell’art. 69 n. 2 delle disp.att. c.c. quando sia alterato il rapporto originario dei valori dei singoli piani o porzioni di piano; tale alterazione (oggi rilevante quando sia superiore ad 1/5) non è necessariamente correlata ad una modificazione materiale dello stabile, potendosi anche avere la creazione di un nuovo piano con mantenimento degli originari valori proporzionali.
Con riguardo a modificazioni che incidono sulla natura del bene, non tutti gli interventi finiscono per alterare necessariamente il rapporto fra piani, dovendosi riconoscere tale effetto solo a quelli che – per mutamenti materiali o giuridici – introducono nell’edificio variazioni di consistenza in favore di taluni condomini, mentre si è osservato in giurisprudenza (Cass. n. 15019/2019) che in ipotesi di divisione orizzontale in due parti di un appartamento in condominio, non si determina alcuna automatica incidenza dell’opera sulle tabelle millesimali ai fini della revisione dei valori delle unità immobiliari (Cass.n. 13184/2016), mentre grava sull’assemblea l’onere di provvedere a ripartire le spese tra le due nuove parti così create ed i rispettivi titolari, determinandone i valori proporzionali espressi in millesimi sulla base dei criteri sanciti dalla legge.
Osserva oggi il Supremo collegio che “Compete perciò al giudice del merito stabilire, di volta in volta, se il mutamento delle condizioni dei luoghi o le opere realizzate siano tali da implicare la revisione di detti valori e il suo giudizio sul punto, che si concreta in un accertamento di puro fatto, rimane sottratto al controllo di legittimità se, come nel caso in esame, risulta sorretto da adeguata motivazione” Nel caso di specie lo stesso CTU, incaricato dal giudice di merito, era giunto alla conclusione che se l’originario estensore delle tabelle avesse avuto contezza delle variazioni intervenute le avrebbe redatte in maniera diversa, circostanza che – plausibilmente motivata sotto il profilo tecnico – ha indotto la Corte territoriale ad accogliere la domanda di revisione dei valori proporzionali delle singole unità immobiliari,
con giudizio che – in quanto adeguatamente motivato – è sottratto alla valutazione della Corte di legittimità che, tuttavia, ne sottolinea la correttezza interpretativa.
Cass. civ., sez. II, ord. 17 giugno 2021 n. 17391 rel. Scarpa
FOCUS GIURIDICO A CURA DI AVV. MASSIMO GINESI