Non essendo quindi sufficiente che la norma del Regolamento preveda il divieto di destinare gli alloggi “a qualsivoglia altro uso che possa turbare la tranquillità dei condomini o sia contrario all’igiene, alla moralità ed al decoro dell’edificio” “I divieti ed i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo ad incertezze; pertanto, l’individuazione della regola dettata dal
regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alle proprietà individuali, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti”). Deve d’altra parte ritenersi che eventuali ed episodici disturbi alla tranquillità dei condomini provocati da clienti ed avventori – quando pure accertati – non potrebbero per ciò solo condurre alla radicale inibizione dell’attività pretesa invece dal condominio attore”
Trib. Roma 4 gennaio 2022, n. 80
A cura di:
Avv. Marco Saraz
Direttore Centro Studi Nazionale AP